Microclima
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Il disagio termico non dipende solo dalla temperatura ma anche dall’umidità relativa e dall’attività fisica. Di seguito vi propongo una lista di controllo con misure di prevenzione crescenti (P1, P2,P3) con MET = 130 W/m2 (Lavoro leggero) e attività all’ombra. Per altre configurazioni non esitate a contattarmi.
Come si leggono ?
Per esempio, ora sono in ufficio con una temperatura di 26 °C e umidità relativa pari al 45 % quindi sono nella fascia di rischio “TIEPIDO”.
30 % < Umidità < 40 % |
||||
Temperatura Aria (°C) |
Temperatura bulbo umido (C°) |
Giudizio termico |
WBGT (°C) WBGT Limite = 29°C |
Misura di Prevenzione |
24 |
16,6 |
BENESSERE |
19 |
// |
26 |
17,9 |
TIEPIDO |
20 |
P1 |
28 |
19,3 |
TIEPIDO |
22 |
P1 |
30 |
21,1 |
CALDO |
23 |
P1 |
32 |
22,3 |
MOLTO CALDO |
25 |
P2 |
34 |
23,4 |
MOLTO CALDO |
27 |
P2 |
36 |
25,2 |
MOLTO CALDO |
28 |
P2 |
38 |
26,0 |
SEVERO CALDO |
30 |
P3 |
40 |
27,6 |
SEVERO CALDO |
31 |
P3 |
42 |
28,9 |
SEVERO CALDO |
33 |
P3 |
40 % < Umidità < 50 % |
||||
Temperatura Aria (°C) |
Temperatura bulbo umido (C°) |
Giudizio termico |
WBGT (°C) WBGT Limite = 29°C |
Misura di prevenzione |
24 |
18,0 |
BENESSERE |
20 |
// |
26 |
19,5 |
TIEPIDO |
21 |
P1 |
28 |
21,0 |
CALDO |
23 |
P1 |
30 |
22,1 |
MOLTO CALDO |
25 |
P2 |
32 |
24,0 |
MOLTO CALDO |
26 |
P2 |
34 |
25,5 |
MOLTO CALDO |
28 |
P2 |
36 |
27,0 |
SEVERO CALDO |
30 |
P3 |
38 |
28,5 |
SEVERO CALDO |
31 |
P3 |
40 |
30,0 |
SEVERO CALDO |
33 |
P3 |
42 |
31,5 |
SEVERO CALDO |
35 |
P3 |
50 % < Umidità < 60 % |
||||
Temperatura Aria (°C) |
Temperatura bulbo umido (C°) |
Giudizio termico |
WBGT (°C) WBGT Limite = 29°C |
Misure di prevenzione |
24 |
19,4 |
TIEPIDO |
21 |
P1 |
26 |
21,0 |
CALDO |
22 |
P1 |
28 |
22,7 |
CALDO |
24 |
P1 |
30 |
24,3 |
MOLTO CALDO |
26 |
P2 |
32 |
25,9 |
MOLTO CALDO |
28 |
P2 |
34 |
27,5 |
SEVERO CALDO |
29 |
P3 |
36 |
29,2 |
SEVERO CALDO |
31 |
P3 |
38 |
30,8 |
SEVERO CALDO |
33 |
P3 |
40 |
32,4 |
SEVERO CALDO |
35 |
P3 |
42 |
34,0 |
SEVERO CALDO |
36 |
P3 |
Misura P1
La misura P1 si riferisce al range di disagio CALDO equivalente al 75,7 % di insoddisfatti. Sono previste le seguenti attività:
- Polo o maglietta maniche corte Traspiranti.
- Pantalone estivo traspirante in cotone.
- Calzature di protezione estive.
- Formazione.
Misura P2
La misura P2 si riferisce al range di disagio MOLTO CALDO equivalente al 100 % di insoddisfatti. Sono previste le seguenti attività aggiuntive:
- Acqua fresca a disposizione degli addetti.
- Installazione di ventilatori negli ambienti al chiuso.
- Verifica sanitaria da parte del medico competente.
- Pausa in ambiente fresco di 15 minuti ogni ora.
Misura P3
La misura P3 si riferisce al range di disagio MOLTO CALDO equivalente al 100 % di insoddisfatti e in regime di clima SEVERO CALDO. Sono previste le seguenti attività aggiuntive:
- Acqua fresca a disposizione degli addetti con indicazione di continua idratazione.
- Installazione di ventilatori negli ambienti al chiuso.
- Verifica sanitaria del medico competente.
- Pausa di 15 minuti in ambiente fresco ogni ora.
- Realizzazione del sistema compagno.
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Molti non sanno che l’ora più calda della giornata sono le 15,00 di pomeriggio mentre l’ora più fresca sono le 5 di mattina. E’ possibile determinare i valori di temperatura in anticipo o a posteriori tramite un modello UNI meteorologico che abbiamo trasformato in foglio Excell. Con questo foglio è possibile simulare i parametri microclimatici in diverse ore della giornata anche se si è fatta una misura solo, per esempio al mattino. Per gli altri parametri microclimatici basta tenere costante il titolo (grammi acqua per metro cubo) e uguagliare la temperatura radiante a quella dell’aria (equilibrio). Per avere la distribuzione delle temperature è sufficiente inserire la temperatura massima prevista (casella evidenziata in giallo) oppure variare la temperatura finchè non abbiamo la temperatura in una certa ora. Per esempio, settando come temperatura massima 32 °C si ottiene il seguente grafico:
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Senza entrare in merito a fenomeni fisici e biologici è comunque intuitivo che quando la cessione di energia avviene nei tessuti , ed in particolare nei tessuti dell’ uomo , può provocare lesioni più o meno notevoli e nel caso di basse dosi e bassi ratei gli effetti delle radiazioni sull’ uomo sono di tipo cancerogeno . Esistono in natura dei nuclei atomici che presentano una condizione di instabilità energetica : i processi di riassestamento energetico comportano generalmente l’ emissione dell’ energia eccedente sotto forma di particelle beta ( elettroni ) o alfa ( nuclei di elio ): ogni qualvolta viene emessa una particella si ha un decadimento nucleare . La misura dei decadimenti avvenuti nell’ unità di tempo è detta attività del radionuclide ed è espressa in Bequerel ( 1 Bq = 1 decadimento / secondo ).
Se il radionuclide è allo stato gassoso , com’è l’ esempio del Radon , si indica l’ attività per unità di volume esprimendola in Bq/m3 (o in pCi/litro ). In natura sono presenti tre catene radioattive importanti derivanti da minerali presenti nel terreno in percentuali variabili . La prima catena , che ha origine dall’ 238U e prosegue fino al 206Pb , è detta serie dell’ uranio ; la seconda , detta serie dell’ attinio , inizia dall’isotopo 235U e termina con il 207Pb ; la terza infine , detta serie del Torio , origina dal 232Th e termina al 208Pb.
Queste tre catene originano ben ventisei isotopi del Radon . Di interesse radio protezionistico sono la serie dell’ uranio 238 ( che dà origine all’ isotopo 222Rn al quale ci si riferisce generalmente parlando di Radon ) e la serie del Torio che dà origine al cosiddetto toron , ossia 220Rn . La serie dell’ attinio dà origine al Radon 219 il cui impatto sanitario sembra al momento generalmente trascurabile . Il Radon più pericoloso è il 222Rn , gas nobile radioattivo , prodotto del decadimento del radio 226 , che a sua volta decade emettendo particelle alfa con periodo di dimezzamento piuttosto breve ( 3,82 giorni ) trasformandosi poi in una serie di radioisotopi ( figli del Radon ) con brevi tempi di dimezzamento , nell’ ordine dei minuti o decine di minuti . Questi figli del 222Rn sono comunemente denominati così : radio A ( 218Po ), radio B ( Pb214 ), radio C ( Bi214 ), radio C’ ( Po214 ) e radio D . La catena di interesse si ferma al radio D in quanto l’ emivita piuttosto lunga di questo elemento ( 21 anni ) si traduce in una attività specifica piuttosto piccola . E’ da notare che tutti o quasi i decadimenti nella catena sono di tipo alfa cioè tra i più energetici e tra i più pericolosi se la sorgente è interna al nostro organismo.
Il Radon si trova generalmente allo stato gassoso ed è circa otto volte più pesante dell’ aria ( questo spiega perché tende ad accumularsi negli ambienti chiusi ). E’ moderatamente solubile in acqua e perciò può essere assorbito in essa quando questa circola attraverso rocce o sabbie che lo contengono . La sua solubilità dipende dalla temperatura dell’ acqua: a 20 °C la solubilità è di 0,25 ( questo dimostra come il Radon sia distribuito in aria piuttosto che in acqua , nel rapporto di 4 a 1 ). E’ un pericolo naturale al quale tutti , in maniera diversificata in relazione ai luoghi ed alle abitudini di vita , siamo esposti . E’ inodore e incolore , ed è prodotto come si è detto dal decadimento radioattivo del radio , generato a sua volta dal decadimento dell’ uranio . L’ uranio è una sostanza radioattiva naturale presente nelle rocce , soprattutto in quelle granitiche , fin dal tempo della loro formazione . L’ uranio che origina il 222Rn è presente in tutti i suoli e nelle acque . Dalla nascita del Radon dal Radio , alla sua morte ( con conseguente origine dei prodotti di decadimento ( figli del Radon )), passano alcuni giorni , e questo tempo è sufficiente a far si che il Radon risalga anche decine di metri di profondità ( soprattutto falde acquifere ) e vada ad accumularsi negli ambienti chiusi ( abitazioni , luoghi di lavoro ). Nelle trasformazioni del Radon vengono emesse particelle alfa dotate di grande energia . Tale gas riesce ad entrare nelle abitazioni attraverso le fessure , anche microscopiche , presenti nei pavimenti o nei passaggi dei servizi idraulici , sanitari , elettrici , e vi si accumula.
Il Radon entra nell’ abitazione attraverso le crepe e le fessure presenti nel solaio a contatto con il terreno o rialzato , dalle entrate dei servizi ( tubazioni per il passaggio dell’ acqua , della corrente elettrica e degli scarichi fognari ), o attraverso i blocchi di calcestruzzo cavi dei muri . Sono proprio le radiazioni alfa emesse nei decadimenti del Radon che possono danneggiare le cellule dell’ apparato respiratorio dando inizio , in alcuni casi , ad un processo cancerogeno proprio a carico dell’ apparato polmonare . Aumenta allora il rischio di contrarre il tumore ai polmoni in modo proporzionale alla concentrazione ed al tempo che si trascorre in presenza di tale gas altamente nocivo . Non ci sono luoghi dove il Radon non sia presente , è chiaro però che i luoghi chiusi quali case , scuole , negozi , ambienti di lavoro , ecc., sono quelli più a rischio per la nostra salute . Di fondamentale importanza è l' aspetto sinergico con il fumo , cosa questa che eleva in modo considerevole la probabilità di contrarre tumori.
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Allo stato attuale non esiste un metodo di campionamento ufficiale che permetta di valutare il rischio di esposizione al particolato aero disperso nanometrico (NP). Ogni tentativo di valutare l’esposizione alle NP che caratterizzano i nano materiali deve essere basato sull’impiego di più tecniche di campionamento e di misura. Glob-Tek si propone come collegamento tra enti di ricerca e industrie nella messa a punto di un sistema low cost in grado di effettuare una adeguata valutazione del rischio.
Approccio nella valutazione dell’esposizione a nano particelle
Lo Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks (SCENIHR, 2006) parte dalle seguenti considerazioni per la messa a punto di una corretta strategia di valutazione dell’esposizione professionale a NP:
- non esiste ad oggi un’opinione condivisa sulla scelta dei parametri che devono rappresentare la misura più appropriata nell’ambito della valutazione dell’esposizione (massa, numero, area superficiale, chimica superficiale, ecc.);
- non sono al momento disponibili campionatori personali per effettuare misure di NP;
- devono essere necessariamente elaborate tecniche innovative per il campionamento e la messa a punto di strategie per la valutazione dell’esposizione sia in ambito professionale sia nel settore ambientale;
- risulta indispensabile individuare valori limite di esposizione professionale per le sostanze chimiche aero disperse in forma nano particellare tenendo presenti le eventuali possibili differenze che si possono riscontrare negli effetti biologici a seconda che si tratti di NP discrete o di agglomerati/aggregati di NP.
Finché non verrà stabilito quale sia il sistema metrologico più appropriato per la valutazione dell’esposizione alle NP biologicamente attive, la comunità scientifica condivide l’orientamento di raccomandare l’utilizzo di diversi tipi di strumenti per fornire la caratterizzazione più completa possibile dell’aerosol nel luogo di lavoro ove vengono prodotte, manipolate o impiegate NP.
Questo approccio, richiedendo l’utilizzo di campionatori statici, rende difficoltosa l’applicazione delle normali procedure di campionamento personale previste per la valutazione dell’esposizione individuale ai fini della conformità con i valori limite di esposizione (premessa comunque la mancanza, allo stato attuale, di standard normativi di riferimento per sostanze chimiche aerodisperse in forma nano particellare ) oppure per le elaborazioni epidemiologiche. Sulla base di tali premesse è, pertanto, opportuno sviluppare un’appropriata strategia per il campionamento e la valutazione, di seguito alcune considerazioni.
Considerazioni da prendere prima e durante il campionamento (secondo ISO/TR 27628/2007) |
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Considerazioni |
Obiettivo |
Strumento |
Sorgente |
Identificare e localizzare sorgenti singole / multiple di nanoparticelle nell’ambiente di lavoro, identificare la penetrazione di aerosol ambientali nel luogo di lavoro |
Contatore di particelle a condensazione (CPC), registrare osservazioni sulle attività generatrici di emissioni |
Ventilazione |
Monitorare il flusso di aria e la trasmissione di aerosol attraverso l’ambiente di lavoro |
Anemometri, gas traccianti, osservazioni e registrazioni di aperture porte e correnti d’aria |
Attività nel luogo di lavoro |
Interpretazione dei dati registrati direttamente dalla strumentazione in vista delle variazioni dei parametri di esposizione |
Sistema di osservazione, monitorare le attività che generano NP, utilizzo CPC |
Comportamento del lavoratore |
Interpretare le differenze spaziali alla luce del tempo di residenza nei diversi luoghi |
Sistema di osservazione, monitorare le posizioni dei lavoratori rispetto alle sorgenti di NP |
Fonti di aerodispersione di Nano Particelle |
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Processo |
Fonte / Attività specifica |
|
Processi a caldo |
· Raffinazione di metalli · Fusione dell’acciaio · Galvanica · Taglio metalli
|
· Fusione dell’alluminio · Fusione del ferro · Saldatura · Taglio metalli tramite laser |
Combustione |
· Motori diesel · Motori con combustibili gassosi · Impianti di riscaldamento a gas |
· Motori a benzina · inceneritori |
Aerosol negli ambienti indoor |
· Formazione di aerosol per reazione fra emissioni in fase gas/vapore da macchine d’ufficio (toner) |
|
Processi meccanici |
· Processi di rettifica, molatura, levigatura |
· Processi di foratura ad alta velocità |
Generazione di particolato da processi a fiamma |
· Produzione di nero di carbone (carbon black) · Produzione di silice vaporizzata |
· Produzione di TiO2 ultrafine · Produzione di allumina vaporizzata |
Manipolazione materiali |
· Manipolazione di polveri di nanoparticelle |
· Manipolazione di depositi colloidali secchi |
Nanotecologie |
· Produzione di nanotubi · Manipolazione ed uso di nanoparticelle precostruite |
· Produzione in fase gassosa di nanoparticelle precostruite · Aerosol di sospensioni, soluzioni, miscele di nanoparticelle precostruite |
Fonte bibliografica: Libro Bianco sulle Nanoparticelle (L'esposizione a nanomateriali ingegnerizzati e gli effetti sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) Ispesl/Inail
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Con il termine PM 2,5 si intendono le particelle di polvere con "diametro" pari a circa 2,5 micro metri capaci di raggiungere fino gli alveoli polmonari creando danni. Le PM 2,5 si creano durante la combustione di legna e combustibili vari, in processi industriali e comunque sono presenti anche naturalmente. In questo articolo si riportano i risultati di una serie di test di misura di PM 2,5 in un locale di circa 20 m2 (volume 60 m3) prodotto dal fumo di sigaretta. Le misure sono state effettuate tramite la tecnologia di Laser Scattering con strumentazione Opustyle Tecnology Co. LTD. Le prove sono state effettuate nell'ambiente chiuso iniziando a campionare ogni 10 minuti in corrispondenza dell'accensione di una sigaretta da 0,8 grammi. La tabella seguente indica i valori di PM 2,5 in funzione del numero di sigarette. Si precisa che il valore di riferimento risulta pari a 29 µg/m3 e che all'esterno dell'edificio durante le misure il valore di PM 2,5 era pari a 4 µg/m3 mentre il valore iniziale all'interno del locale era pari a circa 17 µg/m3. Il sensore è stato collocato a circa 1, 5 metri di altezza nel centro della stanza. Tutte le finestre e prese d'aria sono state mantenute chiuse.
Ordine eventi |
Evento |
Concentrazione PM 2,5 (µg/m3) |
1 |
Ventilatore spento |
17 |
2 |
Accensione ventilatore |
23 |
3 |
Accensione prima sigaretta |
221 |
4 |
Accensione seconda sigaretta |
380 |
5 |
Accensione terza sigaretta |
527 |
Si osserva che :
- L'attivazione del ventilatore alza lievemente i valori di PM 2,5 in aria anche se il pavimento è stato in precedenza lavato.
- L'andamento della concentrazione in funzione del numero di sigarette sembrerebbe lineare.
- Per riportare il livello di concentrazione a quello iniziale è stato necessario un ricambio d'aria di 15 minuti.
- E' preferibile fumare all'aperto per limitare l'inquinamento all'interno delle abitazioni.
- Già alla prima sigaretta i livelli di PM 2,5 sono elevati ovvero risultano maggiori di circa 10 volte il limite di riferimento.
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L’azoto può essere utilizzato nelle aziende per vari motivi. In caso di rilascio accidentale possono avvenire fenomeni di asfissia se la ventilazione non è sufficiente. Il modello proposto valuta la concentrazione di Ossigeno nel tempo tenendo conto della ventilazione presente e degli effetti della mancanza di Ossigeno sulla salute. Nella tabella di seguito riportata sono indicate le percentuali di Ossigeno e gli effetti sulla salute, si osserva subito che bastano piccolissime variazioni per creare grossi danni. (Ossigeno aria aperta 21 %)
Rischio da formazione di Ossigeno a causa del raffreddamento dell’aria (combustioni, incendi)
L'azoto ha un punto di ebollizione più basso dell'Ossigeno, l'aria, miscela di ossigeno e azoto, condensa alla temperatura dell'Azoto liquido. La condensazione dell'aria può portare ad un liquido ad alta concentrazione di Ossigeno, perché l'Ossigeno condensa più facilmente dell'azoto. Quando questo liquido è parzialmente vaporizzato, l'Azoto vaporizza più facilmente causando un ulteriore arricchimento di ossigeno del liquido non vaporizzato. Al limite è possibile ottenere quasi il 100% di ossigeno in questo modo; non riconoscere questo processo ha portato ad un certo numero di incidenti seri. L’Ossigeno infatti non è infiammabile ma è un potente comburente la concentrazione normale di ossigeno in aria è del 21%. Un aumento al 25% anche localizzato provoca un incremento significativo della possibilità di incendio. A concentrazioni del 30% e superiori c'è un notevole rischio di incendio per vestiti e simili; una volta incendiati, essi bruceranno con violenza e potranno essere spenti solo con una grande quantità di acqua distribuita su tutto il corpo. Anche alcuni materiali resistenti al fuoco in aria (ad es. pelle, nylon, etc.) possono bruciare in concentrazioni di ossigeno >30%. Per evitare questo fenomeno è necessario fare in modo che l’Azoto liquido non venga a contatto con l’aria per superfici estese.
Congelamento
Maneggiare sistemi che lavorano con il freddo è particolarmente pericoloso, poiché la pelle aderisce al metallo raffreddato a temperature molto basse. Devono essere sempre usati guanti protettivi. L'azione anestetizzante del freddo talvolta provoca congelamenti senza che ci si accorga di ciò che sta avvenendo. Guanti assorbenti bagnati nell'azoto liquido, ad esempio, possono provocare molto facilmente il congelamento di una mano senza accorgersi. Gli individui non abbastanza protetti contro l'ambiente della bassa temperatura possono soffrire l'esposizione al freddo più rapidamente di quanto siano capaci di reagire. Un'esposizione prolungata si può trasformare in un congelamento. In questo caso c'è un sufficiente avvertimento dovuto al dolore locale mentre sta avvenendo il congelamento.
Bruciature fredde
Il liquido, vapore o gas a bassa temperatura può provocare effetti sulla pelle simile ad una bruciatura. Gli effetti possono variare a seconda della temperatura e del tempo di esposizione. Gli occhi possono essere danneggiati anche da una esposizione ad un gas freddo troppo breve per intaccare la pelle. Ogni volta che si maneggiano liquidi criogenici bisogna essere sicuri di avere un tubo flessibile o un grande contenitore d'acqua vicino. Usare l'acqua per lavare ogni parte del corpo che sia stata accidentalmente spruzzata con liquidi criogenici. Non toccare tubi o contenitori di gas liquefatti non isolati; il metallo estremamente freddo può incollarsi velocemente alla pelle e lacerarla quando si cerca di allontanarlo. Si usino pinze per maneggiare oggetti immersi nel liquido. Gli oggetti soffici e flessibili a temperatura ambiente di solito diventano molto duri e fragili a temperature criogeniche, si rompono facilmente e si possono frantumare violentemente.
Effetti fisici sui polmoni
Effetti del freddo sui polmoni. Una breve esposizione può causare sensazione di sconforto. Una prolungata inalazione di vapori di gas freddi, respirabili oppure no, possono produrre seri effetti sui polmoni.
Riduzione di visibilità per appannamento
Dopo il rilascio di sostanze criogeniche, la funzione di appannamento dovuto alla condensazione del vapore d'acqua dell'aria circostante può causare una sensibile riduzione della visibilità. Infatti, il flusso di gas freddi può essere considerevolmente esteso nell'appannamento provocando un rischio invisibile di bruciature.
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Incuriositi sul termine “vapore” usato per le sigarette elettroniche (e-Cig) si è pensato di fare un piccolo esperimento per vedere se si tratta di “vapore” o di PM 2,5. La prova la potete fare anche voi. Se si tratta di vapore una volta soffiato all’interno di una camera, come per esempio un grande bicchiere, dopo un po’ dovrebbe condensare e diventare liquido (nostra ipotesi). Nella foto si vede un becher riempito di “vapore” illuminato da un fascio laser dopo circa tre ore dal riempimento, non condensa nulla o quasi quindi si tratta di ammasso di PM 2,5. Ipotizziamo che la miscela di glicoli una volta riscaldata “vaporizza” e appena il “vapore” fuoriesce dall’atomizzatore essendo a temperatura ambiente si raffredda e si condensa in particelle molto sottili (PM2,5) e così rimane per tempi lunghi.
Questo è il motivo per cui se si effettuano misure di PM 2,5 in aree dove è in funzione una sigaretta elettronica si rilevano valori anche molto elevati. A differenza del particolato generato da sigarette classiche, che si ritiene solido nella maggior parte del volume, relativamente alle sigarette elettroniche sembrerebbe costituito da particelle liquide.
Con il termine PM 2,5 si intendono le particelle di polvere con "diametro" pari a circa 2,5 micro metri capaci di raggiungere fino gli alveoli polmonari creando danni. Le PM 2,5 si creano durante la combustione di legna e combustibili vari, in processi industriali e comunque sono presenti anche naturalmente.
Si riportano i risultati di una serie di test di misura di PM 2,5 in un locale di circa 20 m2 (volume 60 m3) prodotte dal "vapore" di una sigaretta elettronica.
Le misure sono state effettuate tramite la tecnologia di Laser Scattering con strumentazione Opustyle Tecnology Co. LTD. Le prove sono state effettuate nell'ambiente chiuso iniziando a campionare ogni 10 minuti in corrispondenza dell'utilizzo di una E-CIG, dopo un ora il valore di PM 2,5 all'interno del locale era pari a circa 120 µg/m3 valore doppio rispetto ai limiti di riferimento per il traffico urbano.
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L’utilizzo di gas Azoto per attività criogeniche può portare ad un aumento del rischio asfissia e fenomeni di congelamento. Il pericolo asfissia è un pericolo insidioso perché veloce e spesso inaspettato. È ben noto che respirando un gas privo di ossigeno si giunge all'asfissia, non è però altrettanto noto quanto veloce possa essere il fenomeno. Respirare aria viziata in un locale chiuso fa sentire a corto di fiato in tempo utile per porvi rimedio: nell'aria viziata il contenuto di biossido di carbonio aumenta e stimola la respirazione. In molte situazioni in ambito criogenico non c'`e invece presenza di biossido di carbonio. Il respiro smette totalmente in un periodo molto breve senza poter porvi rimedio.
L’utilizzo di gas Azoto per attività criogeniche può portare ad un aumento del rischio asfissia e fenomeni di congelamento. Il pericolo asfissia è un pericolo insidioso perché veloce e spesso inaspettato. È ben noto che respirando un gas privo di ossigeno si giunge all'asfissia, non è però altrettanto noto quanto veloce possa essere il fenomeno. Respirare aria viziata in un locale chiuso fa sentire a corto di fiato in tempo utile per porvi rimedio: nell'aria viziata il contenuto di biossido di carbonio aumenta e stimola la respirazione. In molte situazioni in ambito criogenico non c'`e invece presenza di biossido di carbonio. Il respiro smette totalmente in un periodo molto breve senza poter porvi rimedio.
Un gas raffreddato vicino al suo punto di ebollizione è considerevolmente più denso che alla temperatura ambiente. Ad esempio, la densità dell'azoto cresce di quattro volte rispetto al suo valore a temperatura ambiente; mentre si scalda, si comporta come un gas pesante e tende ad accumularsi nei punti bassi. Questo, assieme al fatto che l'azoto è asfissiante, spiega perché deve esserci una adeguata ventilazione quando si usa azoto liquido come refrigerante. L'azoto ha un punto di ebollizione più basso dell'ossigeno. L'aria, miscela di ossigeno e azoto, condensa alla temperatura dell'azoto liquido. La condensazione dell'aria può portare ad un liquido ad alta concentrazione di ossigeno, perché l'ossigeno condensa più facilmente dell'azoto.
Quando questo liquido è parzialmente vaporizzato, l'azoto vaporizza più facilmente causando un ulteriore arricchimento di ossigeno del liquido non vaporizzato. Al limite è possibile ottenere quasi il 100% di ossigeno in questo modo; non riconoscere questo processo ha portato ad un certo numero di incidenti seri. Sono stati trovati molti materiali altamente infiammabili in aria arricchiti di ossigeno e bisogna fare attenzione prima di decidere di usarli per un particolare isolatore su una installazione di azoto liquido.
Il rapporto dei volumi tra gas a temperatura ambiente e liquidi al punto di ebollizione sta tra 450 e 850 per molti fluidi criogenici, ad eccezione del neon con un valore di 1415. Questo rapporto indica la pressione in bar che verrebbe generata dalla vaporizzazione del liquido contenuto in una ampolla alla pressione di 1 bar. I tubi di trasferimento sono talora inadeguatamente protetti contro le sovrapressioni e questo può condurre a costose perdite e ad esplosioni. I tubi di trasferimento sono delimitati da valvole. Se, dopo un trasferimento di liquidi criogenici, entrambe le valvole vengono chiuse contemporaneamente intrappolando liquido nel tubo possono sorgere problemi di sovrappressione. Normalmente l'operatore deve chiudere una sola valvola e poi aspettare fino a quando all'interno del tubo si è formato abbastanza gas per risucchiare il liquido fuori dal tubo attraverso la valvola rimasta aperta; dopo di che anche quest'ultima può essere chiusa. Se l'operatore chiude la seconda valvola troppo velocemente, i liquidi verranno spruzzati dal tubo causando danni all'impianto. Speciali accorgimenti devono essere presi quando si aggiungono valvole addizionali o controllori all'equipaggiamento già esistente, per assicurare che i liquidi non possano essere intrappolati tra le valvole.
Le densità dell'idrogeno e dell'elio liquidi sono un ordine di grandezza più piccole delle densità dell'ossigeno e dell'azoto liquidi. Questo significa che le ampolle costruite per l'idrogeno o l'elio possono essere soggette ad eccezionali pesi meccanici se sono riempite con ossigeno o azoto. La situazione è aggravata dal fatto che le ampolle per l'idrogeno e l'elio vengono progettate per dare la massima protezione contro l'entrata di calore e conseguentemente i loro sistemi di supporto tendono ad essere relativamente fragili. Similmente, si deve fare attenzione a non sottoporre grandi recipienti a bassa pressione, destinati a contenere fluidi con densità minore dell'acqua, a carichi eccessivi, per esempio riempendoli di acqua per test di pressione.
Casi di asfissia sono dovuti a situazioni tipo:
- entrare in un luogo in cui è stato usato azoto liquido per raffreddare,
- entrare in un recipiente pulito con azoto invece che con acqua,
- lavorare con azoto liquido in uno spazio non ventilato,
- lavorare vicino a scarichi di azoto.
Una atmosfera contenente almeno il 21% di ossigeno può essere respirata senza risultare fatale, ma in ambienti industriali non è mai consigliabile entrare in atmosfere con meno del 20% di ossigeno senza opportuni respiratori. I respiratori dovrebbero fornire ossigeno o aria pura, le maschere a gas "canister type" non devono mai essere usate in carenza di ossigeno poiché non danno alcuna protezione. Persino con il corretto equipaggiamento possono nascere incidenti per poca cura o per cadute che possono danneggiare la maschera o persino per il fatto che chi la indossa abbia la barba, poiché il gas irrespirabile può filtrare.
Punti per prevenire l'asfissia sono:
- rendere il personale pienamente consapevole dei rischi dell'asfissia,
- evitare che gas inerti entrino in luoghi non adeguatamente ventilati,
- non usare aria sintetica da respirare se non attentamente testata,
- evitare di entrare in recipienti chiusi da molto tempo, anche se contenenti aria, se l'atmosfera non viene testata,
- non dare affidamento alle valvole per la tenuta dei gas,
- fare ripetuti test per accertare che l'aria sul luogo di lavoro sia respirabile,
- se si lavora in spazi chiusi, assicurarsi che vi sia sempre un aiuto vicino e che siano sempre reperibili equipaggiamenti per la respirazione
Maneggiare sistemi che lavorano con il freddo è particolarmente pericoloso, poiché la pelle aderisce al metallo raffreddato a temperature molto basse. Devono essere sempre usati guanti protettivi. L'azione anestetizzante del freddo talvolta provoca congelamenti senza che ci si accorga di ciò che sta avvenendo. Guanti assorbenti bagnati nell'azoto liquido, ad esempio, possono provocare molto facilmente il congelamento di una mano senza accorgersi. Gli individui non abbastanza protetti contro l'ambiente della bassa temperatura possono soffrire l'esposizione al freddo più rapidamente di quanto siano capaci di reagire. Un'esposizione prolungata si può trasformare in un congelamento. In questo caso c'è un sufficiente avvertimento dovuto al dolore locale mentre sta avvenendo il congelamento.
Il liquido, vapore o gas a bassa temperatura può provocare effetti sulla pelle simile ad una bruciatura. Gli effetti possono variare a seconda della temperatura e del tempo di esposizione. Gli occhi possono essere danneggiati anche da una esposizione ad un gas freddo troppo breve per intaccare la pelle. Ogni volta che si maneggiano liquidi criogenici bisogna essere sicuri di avere un tubo flessibile o un grande contenitore d'acqua vicino. Usare l'acqua per lavare ogni parte del corpo che sia stata accidentalmente spruzzata con liquidi criogenici. Non toccare tubi o contenitori di gas liquefatti non isolati; il metallo estremamente freddo può incollarsi velocemente alla pelle e lacerarla quando si cerca di allontanarlo. Si usino pinze per maneggiare oggetti immersi nel liquido. Gli oggetti soffici e flessibili a temperatura ambiente di solito diventano molto duri e fragili a temperature criogeniche, si rompono facilmente e si possono frantumare violentemente.
L’azoto è un gas incolore e inodore e molto comune in natura (Costituisce il 79% dell’atmosfera a quota del mare) caratterizzato da un punto di ebollizione molto basso (-195,82 °C) ed è stoccato normalmente in recipienti (se chiusi) con pressione pari a circa 200 bar. Le caratteristiche intrinseche di tale gas (inodore, asfissiante, coefficiente di espansione liquido/gas pari a 1: 700) lo rendono molto pericoloso.
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In seguito alle analisi svolte, si può concludere che nella maggior parte degli uffici valutati si evidenzia una generalizzata tendenza ad un microclima che può essere considerato compreso nella fascia “Tiepido/Caldo” con valori di umidità relativa molto bassi inferiori al 30%. Per migliorare l’umidità relativa e in un’ottica di risparmio energetico sarebbe opportuno mantenere la temperatura degli ambienti non superiore a 20 °C negli uffici e 18 °C nelle aree produttive come fissato dal DPR 74/2013. Si ricorda inoltre che la riduzione di un grado di temperatura implica un risparmio economico di circa il 6 % in bolletta.
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Per una migliore valutazione del rischio si è studiato l’indice di THOM per avere una caratterizzazione oggettiva delle condizioni climatiche estive delle aree geografiche di pertinenza. L’indice di disagio proposto da Thom, “Discomfort Index” (DI), è considerato uno dei migliori indici di stima della temperatura effettiva. Quest’ultima è definita come “un indice arbitrario” che combina, in un singolo valore, l’effetto di temperatura, umidità e movimento dell’aria sulla sensazione di caldo o freddo percepito dal corpo umano. La temperatura effettiva tiene conto della temperatura di bulbo umido e della temperatura di bulbo asciutto di posti ombreggiati e protetti dal vento. Questo indice è adatto per descrivere le condizioni di disagio fisiologico dovute al caldo-umido ed è sensibile in un intervallo termico compreso tra 21°C e 47°C. L’indice è calcolato mediante la seguente equazione lineare:
DI = 0.4 * (Ta + Tw) + 4.8
Ta = temperatura di bulbo asciutto (°C) Tw = temperatura di bulbo umido (°C).
I criteri e le classi di rischio sono le seguenti:
Indici di Rischio
Di seguito si riportano gli indici di Thom relativi al mese di Luglio:
L’analisi tramite l’indice WBGT permette di verificare quali aree geografiche possono fare superare il livello in WBGT pari a 25° (da non confondere con la temperatura dell’aria) fissato dalla UNI EN ISO 12894 per le valutazioni di competenza al Medico Competente. L’indice di rischio WBGT risulta determinato come di seguito assumendo come temperatura di globo termometro la cautelativamente la temperatura dell’aria (equilibrio termico all’ombra).
Dove:
- tnw: temperatura di bulbo umido a ventilazione naturale
- tg: temperatura di globo termometro
- ta: temperatura dell’aria
In base ai dati riportati si deduce che il valore limite di WBGT viene superato nel periodo estivo nelle zone geografiche riportate in Tabella . A seguito della valutazione effettuata, nella presente sezione vengono indicate quindi le misure di prevenzione e di miglioramento:
- Fornire agli addetti capellini per la protezione dai raggi solari per ridurre la componente IR.
- Verifica da parte del medico competente della necessità o meno di sottoporre i lavoratori esposti a condizioni climatiche con WBGT superiore a 25 ° alla sorveglianza sanitaria come da UNI EN ISO 12894:2002.
- Polo o maglietta maniche corte Traspiranti ad alta visibilità.
- Pantalone estivo traspirante in cotone ad alta visibilità.
- Calzature di protezione estive.
- Disponibilità di acqua fresca.
- Rotazione del personale e lavorazioni svolte in orario mattutino su valutazione del medico competente.
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Gli sbalzi termici elevati sono possibili sia in inverno che in estate, ma le situazioni più critiche si presentano, per il caso analizzato, in corrispondenza di condizioni estive estreme nelle quali non è difficile creare differenziali dell’ordine di 10 - 15° C fra interno ed esterno, questi sbalzi termici possono preludere a danni per la salute. Le norme tecniche non prevedono indicazioni precise e non pongono limiti specifici in merito ai range di sbalzi che non rappresentano rischio per i lavoratori o viceversa quali possono essere gli sbalzi termici che possono arrecare danno alla salute dei lavoratori. Secondo alcuni studi medici è consigliato non effettuare repentinamente passaggi tra ambienti con differenza di temperatura superiore ai 5 - 6°C, mentre è altamente sconsigliato passare velocemente tra ambiente con differenza superiore ai 15 - 18°C. Dato che non è possibile annullare gli sbalzi termici, è necessario adottare procedure organizzative tali da ridurre la velocità di passaggio tra due ambienti nel caso che la loro differenza di temperatura superi i 5 - 10°C. Per la valutazione del rischio da sbalzi termici sono state ipotizzate le seguenti fasce di rischio:
Sbalzo di temperatura tra due ambienti |
Fascia di rischio |
Meno di 5°C |
Trascurabile |
Tra 5 e 10°C |
Basso |
Tra 10 e 15 |
Medio |
Oltre 15°C |
Alto |
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La norma UNI EN ISO 12894:2012, fornisce indicazioni utili relative alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti ad ambienti termici severi freddi o caldi. Infatti, ambienti estremi (caldi o freddi) possono essere tollerati per periodi limitati prima che possano risultare pericolosi per la salute.
Nella norma UNI sono riportate ed indicate le problematiche di salute relative ad esposizioni sia in ambienti severi caldi sia in ambienti severi freddi, come per esempio:
- Ambienti severi caldi
- febbre da calore
- sfinimento da calore
- sincope da calore
- iperventilazione da calore
- bruciature / scottature
- Ambienti severi freddi
- ipotermia
- tremori da freddo
- geloni
- patologie cardiovascolari
- patologie respiratore
Sempre nella norma UNI vengono riportati i fattori personali che possono predisporre i lavoratori a problematiche mediche legate alle condizioni termiche:
- Obesità.
- Carenza di allenamento fisico.
- Età (problemi cardiovascolari possono presentarsi più facilmente negli uomini sopra i 40 anni e nelle donne sopra i 50 anni)
- Genere.
- Stato di gravidanza
- Uso / abuso di alcol e droghe.
- Intolleranza personale agli ambienti severi.
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Sembra un paradosso ma cambiare l'aria in casa quando fuori c'è la nebbia si rischia di creare un ambiente troppo secco. Vediamo il perché.
Quando fuori c'è la nebbia, per esempio con una temperatura di 5°C e un umidità relativa elevata come per esempio il 70% in un metro cubo di aria (miscela - aria vapore) ci sono circa quattro grammi di acqua (Ce nè poca perché quella in più è condensata).
Cosa succede se facciamo entrare l'aria esterna nebbiosa, fredda e umida in casa e poi la riscaldiamo per esempio a una temperatura di 22 °C ?
Succede che l'umidità relativa in casa cala drasticamente, in questo diventa pari al 30 %, valore limite per avere effetti dovuti all'umidità troppo bassa.
Accade questo perché il titolo (quantità di acqua in grammi per Kg di aria secca) rimane costante.
Per spiegare questo basta osservare il seguente diagramma psicometrico riportato di seguito, ragionamento a titolo costante.
Quindi aprire le finestre quando all'esterno c'è nebbia permette di ridurre l'umidità interna.
Strano ma vero.
Questo spiega anche il motivo per cui inverno in certi ambienti (uffici, grandi centri commerciali) l'aria è molto secca. In questi casi l'aria viene prelevata dall'esterno e immessa all'interno riscaldata senza essere umidificata. Sempre la stessa aria se viene portata a 24 gradi (tipica temperatura di un ufficio statale) l'umidità scende a circa 25 %.
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Si è visto che molti contagi da Covid, in ambiente lavorativo, sono avvenuti negli uffici. Il motivo è semplice, non si cambia l'aria in modo adeguato. Uno dei motivi del perché non si cambia l'aria in modo adeguato, in particolare quando fuori fa freddo e c'è la nebbia è che si pensa che quando fuori c'é la nebbia se apriamo le finestre facciamo entrare molta umidità. In realtà è vero esattamente il contrario. Quando fuori c'è la nebbia, per esempio con una temperatura di 5°C e un umidità relativa elevata come per esempio il 90% in un metro cubo di aria (miscela - aria vapore) ci sono circa tre grammi di acqua. Ce ne poca perché quella in più è condensata. Cosa succede se facciamo entrare l'aria esterna in casa o in ufficio e poi la riscaldiamo per esempio a una temperatura di 22 °C ? Succede che l'umidità relativa in casa e in ufficio cala drasticamente perché di acqua in una miscela di aria fredda ce né poca; in questo caso l'umidità relativa diventa pari al 30 %, valore limite per avere effetti dovuti all'umidità troppo bassa (occhi arrossati, gola secca, scintille da cariche elettrostatiche, ecc.) In breve cambiare l'aria d'inverno il rischio non è quello di avere troppa umidità ma quello di avere un ambiente troppo secco.
Chiarito che cambiare l'aria in inverno è un attività che comunque toglie umidità e inquinanti vediamo perché si sono infettati in molti negli uffici.
In termini semplici, in un ambiente chiuso o con scarsa ventilazione dopo un certo tempo, se è presente una persona infetta, nell'aria sono presenti bio aerosol di particelle infette che non vengono filtrate dalle normali mascherine. Le mascherine proteggono da droplet ma non da particelle fini. I biologi dicono che la carica virale dei bio aerosol non è altissima ma a lungo andare, a forza di respirare il virus si accumula e possono partire le infezioni. Questo è il motivo per cui è consigliato avere ambienti adeguatamente ventilati e si definiscono vari tempi di esposizione massimi. Mi scuso con i biologi per l'estrema sintesi. Quindi avere la mascherina e mantenere le distanze in un ambiente non ventilato è condizione necessaria ma non sufficiente per limitare i contagi.
Come valutare la ventilazione
Glob Tek ha investito risorse e tempo per mettere a punto un metodo di valutazione della qualità dell'aria usando come indicatore la CO2 (Anidride carbonica). Ogni persona con attività tipica da ufficio emette circa 21 litri di CO2 all'ora. Se i ricambi sono scarsi, dopo un certo tempo, la concentrazione di CO2 aumenta in modo esponenziale. Noi abbiamo fissato come limite dell'indicatore un valore pari a 1000 ppm come indicato dalle linee guida del CNR anti Covid, ma si poteva anche fissare 1500 ppm, come indicato in altre pubblicazioni. Di seguito si riporta un grafico dell'andamento della CO2 in un ufficio di 30 metri quadrati, occupato da una persona, con una portata di ventilazione di 40 metri cubi ora.
Si evince dal grafico che in queste condizioni per non superare i 1000 ppm di CO2 occorrono almeno 40 metri cubi ora di ventilazione. E se l'ambiente fosse chiuso e sigillato ? Con ambiente sigillato da 30 metri quadrati, una persona, i valori di anidride carbonica e quindi di bio aerosol aumentano nel tempo in modo esponenziale come riportato nel grafico seguente.
Questi grafici sono stati realizzati con un nostro modello matematico e verificati tramite strumentazione certificata di recente acquisizione. Quindi il metodo di valutazione della qualità dell'aria tramite l'indice CO2 è un metodo semplice e preciso. Potete utilizzarlo anche voi, acquistate un misuratore di CO2 e quando la misura indica un superamento il 1000 ppm cambiate aria. Il valore di CO2 in ambiente aperto è pari a circa 500 ppm, se i valori rilevati si avvicinano a questi vuol dire che l'aria è "pulita". Il nostro modello permette anche di effettuare il calcolo inverso, cioè misurata o calcolata la concentrazione di CO2 è possibile determinare in funzione del numero di persone la ventilazione necessaria o stabilire ogni quanto tempo occorre aprire le finestre. Per esempio il grafico precedente ci dice che per restare sotto a 1000 ppm occorre cambiare l'aria ogni 2 ore per almeno 5 minuti.